Fermo e il Drago

Ascoltando il complesso racconto di Alberto, Fermo capì che ogni volta che sceglieva di creare dolore attorno a sé stava alimentando il Drago e allo stesso tempo il Drago aumentava il potere su di lui e che da quando la sua vita era cambiata i demoni delle tenebre avevano perso in lui un prezioso strumento per creare discordia e sofferenza sulla Terra. Non solo, la pace interiore e l'armonia di Fermo erano contagiose e per i guerrieri delle tenebre era sempre più difficile insinuarsi tra le case di Sagliano e dei paesi limitrofi. Era per questo che ora il mostro si era creato la sua tana proprio lì accanto, nella gola del Crenna.
Mio fratello avrebbe voluto indossare le armi per affrontare e sconfiggere del tutto il suo antico padrone che ora era diventato il suo peggior nemico, ma si accorse che appena si avvicinava a una spada con il gesto deciso del guerriero che era stato, nelle vene ricominciava a scorrergli il sangue infuocato che gli toglieva lucidità e l'equilibrio raggiunto con tanto sforzo si infrangeva lasciandolo ansimante e fremente di rabbia e frustrazione.
Alberto gli suggerì di invocare l'Arcangelo Michele per nome chiedendogli consiglio. Mio fratello non sapeva che cosa volesse dire pregare e non aveva mai chiesto aiuto a nessuno, ma non gli restava altro che provarci.
Quella notte ricevette la risposta, anche se come spesso accade quando si comunica con esseri umani o sovrumani, non era facile comprenderla: Fermo vide in sogno il Drago, terribile e furente, che si dibatteva combattendo contro a uno strano essere con tre teste di cui una da cavallo, quattro braccia, quattro gambe e quattro zampe dotate di zoccoli, la creatura usava da una parte un'arma lunga e luminosissima che riconobbe come la spada dell'Arcangelo, dall'altra teneva una sorta di oggetto piatto e rotondo, splendente come la luna, sul quale le lingue di fuoco del drago si abbattevano ritorcendosi contro chi le aveva scagliate.
Solo dopo aver incontrato la principessa Luna e averle consegnato lo specchio-scudo e dopo aver conosciuto Giorgio e aver visto apparire per la prima volta davanti ai propri occhi la spada di Michele così reale da poterla impugnare, Fermo aveva capito che l'avversario delle Tenebre non era una creatura sola ma l'insieme costituito dal cavaliere, dalla principessa e dal cavallo.
Non sarebbero stati sufficienti la forza e l'impeto dell'animale né il coraggio e l'intelligenza dell'uomo, senza la protezione dello scudo rotondo in cui Luna aveva potuto vedere riflessa la bellezza sua e del creato e il suo desiderio di fare qualsiasi cosa pur di salvare questa bellezza.

Ora so da cosa deriva l'inquietudine, gli scatti di rabbia e di sconforto che ho avuto nella gola del Crenna, così come capisco che cosa mi faccia sentire serena e protetta ai piedi di quella collina.
Ho deciso che me ne andrò da questo luogo, lasciando a mio fratello, a Giorgio e a Luna l'assurda speranza di riuscire ad uccidere una volta per tutte un drago immortale e me andrò lungo la valle Staffora, verso la pianura, dove nessuno mi conosce e potrò vivere come voglio io. Andrò a chiedere consiglio a Ponzo, che Fermo ha conosciuto nell'esercito, Ponzo era un suo sottoposto ed è un plebeo originario di queste terre e dovrebbe avere delle conoscenze tra la gente del popolo nel fondo valle. Partirò oggi stesso da Sagliano.