Selvaggia e Fermo

Caro Diario,
questa è l'ultima mattina nel bosco di Sagliano, prima di partire ho bisogno di scrivere tutto quello che ieri sera Fermo mi ha detto, per mettere le cose in ordine dentro di me. Ora riesco a capire meglio tutte le sensazione diverse che mi assalgono girovagando per questi boschi.
Già ieri sera, dopo il tramonto, quando ho attraversato i campi facendo un giro molto largo intorno a Sagliano per arrivare da mio fratello senza essere vista, ho sentito la differenza tra la dolce collina e la scura gola del Crenna. La collina di Fermo stava immobile e placida rischiarata dal chiarore del cielo, come un ventre che respira mentre sogna.

Sembra quasi che tenga teso un lembo di terra apposta perché Sagliano sia protetto dalle nebbie e dall'umido della valle, perché possa assorbire tutta la luce del sole di giorno e della luna di notte, e perché possa avere una piccola vallata fertile dove tutti possono incontrarsi a giocare, a mangiare, a festeggiare. La collina si affaccia sulla Valle Staffora, come una torre di guardia, ma sotto scorre placido il fiume scintillando e cantando, la città di Varzi e gli altri piccoli paesini accoccolati lungo il fianco della montagna non hanno per niente un'aria minacciosa. Una grande pace mi a invasa quando mi sono seduta sulla cima, nascosta tra le ginestre profumate, ho fatto un grande sospiro e per la prima volta dalla mia fuga mi sono sentita tranquilla e felice, ho sentito un grandissimo senso di gratitudine non so neanche verso chi o che cosa, avevo il cuore così colmo che mi è venuto da piangere, ma non sapevo perché e così mi sono messa anche a ridere mentre piangevo.
Poi sono andata da mio fratello. Non so se ha finto di non stupirsi quando mi ha vista e se è vero che mi ha riconosciuta (non ci vedevamo da tanti anni e l'ultima volta io ero una bambina e lui un ragazzino), ma sembrava proprio che mi stesse aspettando. Sul momento mi è sembrato diversissimo da prima, sopratutto il suo sguardo profondo e sereno e i movimenti pacati. Ho iniziato a raccontargli di me e mi ha ascoltato con una rispettosa attenzione, come se comprendesse perfettamente ciò che avevo provato in cuor mio. Solo osservandolo meglio ho iniziato a riconoscere in lui quel bambino sempre in movimento, sempre sudato e in disordine, sempre arrabbiato o con un ghigno malevolo sulle labbra, pronto a fare a pugni o ad allungare uno sgambetto. L'ho intravisto nelle spalle e nelle braccia muscolose che sbucavano dalla sua rozza tunica marrone, nella determinazione e nel lampo che a volte sfuggiva dai suoi occhi.
Ho parlato per ore, come un fiume in piena, e quando non ho avuto più niente da dire, ho iniziato a tempestarlo di domande: e tu? come sei arrivato qui? hai davvero fatto tutte quelle cose terribili quando eri in Africa nell'esercito? è vero che poi hai vagato come un brigante per tutta l'Italia? perché ora la gente dice che sei un santo? è vero che sei diventato muto?
Fermo ha ascoltato anche tutte le mie domande in silenzio, senza dare segno di voler aprire bocca, come se non si trattasse di domande ma stessi ancora raccontando di me. Quando mi ero convinta che fosse diventato davvero muto e stavo per alzarmi e salutarlo, lui ha parlato:
«Non sono diventato muto»
Mi sono riseduta, lui è rimasto zitto ancora per un tempo che mi è sembrato lunghissimo, con lo sguardo nel vuoto.
« Ho solo scelto di fermarmi.» ha aggiunto, poi è rimasto in silenzio.
Mi sono messa comoda capendo che se volevo sapere qualcosa da lui dovevo armarmi di molta pazienza.
«Di fermare il corpo, l'anima e la lingua - sembrava che assaporasse ogni singola parola prima di farla uscire, come soppesandola - Prima di muovermi valuto se è necessario e giusto farlo.»
Avrei voluto chiedergli se riteneva giusto raccontarmi qualcosa della sua vita e darmi qualche consiglio, ma ho capito che conveniva stare zitta e aspettare che lui potesse scegliere con calma. E così lui ha iniziato a raccontare.